Ripercorriamo La Storia
Dal Libro (Coltelli d’Italia DI Giancarlo Baronti, Franco Muzio editore 1986) - ("La Maffia" nei suoi fattori e nelle sue manifestazioni Di Giuseppe Alongi 1887)
(Storia d’Italia di Indro Montanelli – Corriere della sera 2003)
(e altri studi…)
(Gli argomenti esposti sono riportati come dai testi, con piccole modifiche,
in ordine cronologico, a spezzoni, ed in base alla mia valutazione,
di interesse, al fine di poter essere spunto di approfondimento sui Testi originali)
<< 5^ Parte >>
Banditismo (Preunitario)….
Sono stati chiamati “latrones”, ladroni di strada, malandrini, delinquenti, tagliagole, malfattori, assassini, grassatori, masnadieri, diffidati, scorridori di campagna, fuoriusciti, ribelli, forgiudicati, inquisiti. Tra tutte queste definizioni utilizzate tra il Quattrocento e il Cinquecento, alla fine ha la meglio il termine bandito……
La venalità della giustizia era denunciata con frequenza, e non solo dalla parte perdente in una causa. Si ha conferma dal parlamento, che nel 1523, i giudici si compravano la carica e poi vendevano le sentenze per rifarsi delle spese.
Data la situazione, non sorprende che fosse diffuso il concetto che gli individui dovessero farsi giustizia da sé con la forza, col denaro o con l’ingegno.
I baroni erano l’elemento dominante del parlamento, proprio perché erano socialmente, economicamente e militarmente le persone più importanti dell’isola. Essi potevano perciò svolgere un ruolo fondamentale nell’approvare imposte che sarebbero state pagate da altri.
Le varie immunità stabilite dal clero, dai baroni, dalle città più ricche e dai cittadini più ricchi in ogni città, stabilivano che la pressione fiscale ricadesse principalmente sui contadini e gli artigiani che non avevano un portavoce al parlamento.
L’interesse dei baroni nel parlamento, perciò, dipendeva dal fatto che lo consideravano un’occasione per ottenere titoli, uffici e privilegi per le loro famiglie e i loro clienti e non già un foro politico ove poter dibattere gli interessi della Sicilia.
Nei rapporti ufficiali si cominciò a parlare molto di brigantaggio (da non confondere con il brigantaggio post-unitario…). In buona parte dell’interno della Sicilia non erano penetrate né la giustizia reale né quella feudale, ma singole comunità di famiglie avevano cercato per secoli di difendere le proprie leggi e il proprio modo di vivere.
Il brigantaggio era comune in tutta Europa, ma i governanti spagnoli lo ritenevano particolarmente caratteristico della Sicilia. Essi davano la colpa al temperamento violento dei siciliani. Quasi tutti i cittadini portavano illegalmente armi, semplicemente perché non si aveva fiducia nella legge dello Stato.
Nella leggenda popolare il brigante era in genere una figura simpatica, un ribelle contro la società, un difensore degli oppressi, forse persino un combattente per l’indipendenza siciliana;
Poiché i funzionari che parlavano spagnolo non avevano praticamente nessun punto di contatto con i contadini, e poiché il sistema giuridico era ovviamente ex parte, molte persone erano pronte a sviluppare un contro sistema morale e politico. Quando un barone invocava le leggi venatorie per escludere i pastori e altri da una terra di cui si era illegalmente appropriato, egli generava una resistenza determinata, anche se clandestina. Questo fu uno dei modi in cui si diffuse il concetto che il rubare e l’imbrogliare rendessero un uomo degno di rispetto e di ammirazione.
La tensione nelle campagne si aggravò quando alcuni pascoli furono privatizzati insieme con i terreni comunali e i boschi; ogni primavera, “quando si apriva la stagione del brigantaggio”, alcuni di questi uomini delle montagne uscivano dai loro ripari per fare il maggior numero possibile di rappresaglie contro i proprietari terrieri e le città della pianura.
<< fine 5^ Parte >>


